“L’essenza dell’ottimismo
(per Antonio)
non è soltanto guardare al di là
della situazione presente,
ma è una forza vitale,
la forza di sperare quando gli altri
si rassegnano, la forza di tenere
alta la testa quando sembra
che tutto fallisca,
la forza di sopportare gli insuccessi,
una forza che non lascia mai
il futuro agli avversari,
il futuro lo rivendica a sé”.
D. Bonhoeffer
“Pundus meum amor meus,
eo feror quocumque feror”.
(Il mio peso è il mio amore;
esso mi porta dovunque mi porto).
Sant’Agostino
L’arcobaleno dell’amore
Antonio Aprile
Sulle ali del sogno
Poesie
Io vivo nelle nuvole
e… cammino sulle stelle
Aversa 2021
In copertina:
All’interno alcuni scatti
del Fotoreporter Salvatore Sepe
Proprietà riservata all’Autore
Tutti i diritti riservati all’Autore di traduzione, riproduzione e adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, comprese
le copie fotostatiche e i microfilm, sono riservati.
Stampato nel mese di …… 2021
Presso …….. (NA)
Iris Edizioni
Via Tosta, 12 Mercato San Severino (Sa)
Tel. 089-89.47.00
ISBN 978-88-99640-19-4
Prima Parte
Amore, Vita, Valori, Fede e Armonia
Temi in Lingua Italiana
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Nota dell’Autore
Introduzione di Giuseppe Diana
Prefazione di Osisa Namìr
Premessa di Gianni Ianuale
Mettere fiocco
“La vita senza amore
è come un albero
senza fiori e frutti.
E l’amore senza bellezza
è come un fiore
privodi profumo
e un frutto senza semi…
Vita, amore e bellezza
sono tre persone in una,
che non possono
essere separatené modificate”.
Kahlil Gibran
La primavera dei sentimenti (S. Sepe)
Nota dell’Autore
Questi anni, dopo un lungo travaglio nel lavoro, torno alla mia poesia con l’immagine di una realtà che mi spinge a dettare temi riflessi allo specchio, meditazioni che mi porto dentro da sempre, quindi sono l’anima di un caballarius, poiché ho sempre cavalcato il tempo a fin di bene con tutte le mie energie. Guidato dallo spirito ho vissuto il sogno nelle azionie nei luoghi dove mi son trovato, con la vocazione di accogliere oltre il silenzio stesso lo splendore del mondo.
Ho vissuto la natura di ogni cosa come “poesia” della vita, ragione chefreme in meper le grandi esperienze vissute, per le virtù donatemi da Dio, ma soprattutto son vive in me un’infinità di ricordi che ancor oggi sono lì nello scrigno del mio cuore.
Dalle mie lunghe e traviate primavere nasce questo particolare e sensibile libro dalle variegate impostazioni espressive, dai vasti orizzonti poetici, da quel senso osmotico in simbiosi con i sentimenti teologici.
Sono impegnato da sempre a viaggiare nel mondo della poesia sul filo delle allitterazioni tra gli impianti della sinestesia, tra le vibrazioni e le costanti visive che mi fanno osservare la natura da ogni angolazione. In fondo la poesia si rivela come un dono che giace lì, oltre l’urna del silenzio, come una luce che abbaglia e nutre lo spirito, quindi la poesia la posso definire“mistero nel mistero”, perché trasporta gli uomini eletti… per modo di dire, nel tempio della filosofia e della ragione.
Spesso mi domando: “come sarebbe bello se tutti gli uomini del mondo potessero vivere la natura nella poesia”, sarebbe stupendo, non vi fossero guerre né omicidi né violenza alle donne, sarebbe un mondo come Dio lo immaginò. Ma non è così, ogni uomo vive per quello che è, per come si è formato, quindi cerchiamo di vivere questo grande e sacro dono che è la vita, per il bene di tutti..
Introduzione
Una leggenda giapponese narra che l’anima del poeta possiede la facoltà innata di trasmigrare nel calice di quel fiore che ha più caro. Questo accade perché la poesia, essendo la capacità di scrivere anche quello che non si vede, se è veramente tale, ferma quell’istante ispirato che, tradotto in parola, è reso eterno. Il poeta, così facendo, invita a condividere emozioni e sentimenti, ansie e passioni, riflessioni e prospettive, che riguardano il suo percorso esistenziale, spesso travagliato dal balenio di burrasca. La sua è la conferma della consapevolezza che nella vita è importante sì chi comincia ma ancor di più lo è colui che persevera: non a caso si dice che la costanza dà sempre buoni frutti. Qualcuno come Antonio Aprile, però, lo fa avvertendo: “Io vivo nelle nuvole e… cammino sulle stelle. Amo il mondo intero e mi piace sognare”. Per tale via, leggendo le sue poesie quasi sempre in lingua napoletana, incontriamo una persona problematica ma dialogante che, pur avendo le sue paure e le sue solitudini, la sua fede e la sua sensibilità, non ha timore dei giudizi e le manifesta, quindi definendosi un po’ anormale, perché ama le stelle e parla con i Santi, affida alla parola poetica ciò che sente più profondamente.
In questo modo attraversa con sguardi, ormai velati da attempato grigiore,tutte le esperienze che hanno riguardato e riguardano il suo essere “persona”, dotata degli attributi che caratterizzano l’uomo, visto in quella complessa umanità, che si snoda tra l’attività lavorativa e la presenza familiare, poeticamente alimentate dal sogno.
In versi riflessivi o allegri, spensierati o tristi racconta momenti della sua quotidianità, fermandoli così come sgorgano spontanei dalla sua anima, di volta in volta mesta o felice, ma sempre connotandoli della speranza di un futuro migliore, pur essendo trascorsi cinquanta anni “cu’ tanta fatica”. Queste sue rime mettono in campo non solo i pensieri rivolti a sé stesso e a chi gli sta intorno, ma anche quelli che riguardano coloro che si interrogano sui grandi misteri della vita, pur collegati al mondo, alle situazioni specifiche, alle prospettive sociali e agli eventi che toccano i singoli individui o la società intera:
“Ringrazio Dio
per avermi fatto conoscere
le miserie del mondo,
così ho potuto apprezzare
le ricchezze degli uomini
di buona volontà
con le loro angosce e…
i loro sentimenti”.
(dal tema “Ringrazio Dio”)
Aprile è, infatti, una persona sociale nel senso vero del termine, perché supera il timore di mescolare la sua storia con i valori comuni, il suo intimo sentire con la gente e la fede che lo sostiene, pur nelle asperità del vivere. Dalle sue composizioni in versi emerge l’intensità di un’esistenza connotata da un dato inconfutabile: quello che fa della sua coscienza il termine finale delle sintesi provvisorie e definitive che lo riguardano. Alimentandosi della fiducia in un mondo di amore e di pace, verso il quale dirigersi con occhi assetati di sentimento, usa le ali, perché per vivere non basta essere leali ma bisogna avere le ali: solo così facendo si può pensare di voler continuare “pe’ tantu tiempo ancora!”. I francesi dicono: “vouloir c’est pouvoir”, cioè volere è potere.
Avv. Giuseppe Dia
Prefazione
Nel formulario poetico ed espressivo di Antonio Aprile si scopre la sostanza, gli scenari esaustivi tra causa ed effetto e, come sequele d’anima, i discorsi evocati profumano di giardini fioriti e gocce di libertà che si trasmutano in poesia.
Ora et labora, prega e lavora,era il motto dei primi monaci durante il periodo di Carlo Magno, pertanto come forma di preghiera e lavoroil poeta svela l’anima a Diocon lo spirito e il corpo, con la contemplazione della forza vitale, per cuila sua vena poetica sfocia nell’elisir e nellapotenza creativa della meditazione.Dio concede al poeta il dono della saggezzaper esprimere concetti e valori della propria esperienza.
“Siamo tutti sofferenti in cerca di quella libertà che ci aiuta a capire tutti e tutto”, ripeteva un filosofo. La libertà è fonte universale per raggiungere i piani trascendentali. Vorrei passeggiare nella tua anima per scoprire i segreti del poeta per maturare il mio spirito.
La poesia è sostanza rigenerante come la preghiera, bellezza semantica, espansione dello spirito, in quantocelebra l’incontro fra gli uomini e Dio.
La verità di questi tempiopprimenti si avverte nel profondo del cuore,ragion per cui la poesia di Antonio Aprilealza la speranza nei cuori dei lettori, frutto meditativo di unasostanza spirituale che tende a rafforzare il nucleo della dottrina teologica, scienza che promuove il fascino narrativo, prosastico, saggistico e poetico. Poesia che trionfa come radicesocratica del pensiero:“conosci te stesso”. Esiste una verità necessaria e universale per la vocazione poetica, in quantol’ispirazione placa l’inquietudine con la forza del lirismo.
David Bovie scriveva: “Non si conosce mai una storia finché non diventa memoria”. Le storie sicreano attraverso gli eventi, gli uomini le vivono come un’opera d’arte creata da Dio. Friedrich Schlegel, invece, asseriva: “Può essere artista colui che ha un’intuizione dell’infinito”. E se l’infinito è Dio, Antonio Aprile non è mai solo perché è un fervente credente nel Supremo, quindi è luce che splendenel cuore, in quanto vive l’estro poetico come respiro d’amore.
Osisa Namìr
Faccio parte dei disegni della natura teologica (S. Sepe)???
Premessa
La lingua napoletana, ossia il vernacolo, fiore all’occhiello dei più grandi autori e attori partenopei come Eduardo De Filippo e Salvatore Di Giacomo, è famosa in tutto il mondo perché ha i colori forti e sfumati d’ogni stagione. Infatti la cultura popolare c’insegna veramente tanto di questa Napoli che rappresenta con il suo folklore il vero teatro nel mondo per la fantasia, la creatività, l’improvvisazione, la curiosità, i costumi e soprattutto la bellezza, il gusto dei sapori vesuviani, come quelli della pizza, del babà, del caffè, delle sfogliatelle, della pastiera, e soprattutto della mozzarella di bufala dell’agro aversano, e tanti piatti prelibati con salse di pomodori San Marzano che tutto il mondo c’invidia.
C’è un detto antico che dice: “Napule tene tre cose belle: ’o Vesuvio, ’e canzone e, ’e sfugliatelle”.
Basta farsi un giro a San Gregorio Armeno, noto luogo vicino alla Piazzetta San Gaetano, per notare subito una fiera sui pastori noti in tutto il globo; passeggiare sul lungomare, oppure ammirare Posillipo, Marechiaro, Via dei Mille, il Vomero, i Quartieri spagnoli, ma soprattutto tante chiese, vicoli e piazzette dove si può notare e ammirare di tutto con estrema curiosità. Devo dire che il popolo napoletano è creativo e fantasioso, nonché sensibile e amante della natura come nel caso di Antonio Aprile, un artista che non ha mai trascurato nulla, polivalente autore, cantante, animatore e improvvisatore di novità artistiche, che addirittura si è esibito al Teatro San Carlo di Napoli riscuotendo un grande successo con una delle canzoni da lui scritta, dal titolo: “Me fatte ’nnammurà”, testo vincente al Festival della canzone della città partenopea.
Ogni uomo è una vita, e la sua vita ha più di mille storie da raccontare.
Uno degli autori più celebri di questi ultimi tempi è senza
alcun dubbio Andrea Camilleri, autentico mecenate di quelle storie molto suggestive, storie che vengono proposte dalla RAI con altrettanti filmati, come nel caso del famoso personaggio “Montalbano”, storie che ci spingono a riflettere queste sue parole: “Non basta leggere, bisognerebbe anche capire. Ma capire è un lusso che non tutti possono permettersi”.
Quindi nella terra del sud, nel Regno delle Due Sicilie”, vengono alla luce grandi autori e poeti come Antonio Aprile, che non trascura né la lingua italiana né quella napoletana, con dialoghi e metafore che valorizzano le componenti del poetare. Infatti, questo libro rappresenta due momenti interessanti dell’Autore dato che non tralascia mai l’amore né la lingua italiana né quella napoletana, pertanto desidero ricordare quanto afferma Maria Rilke Rainer in un dei suoi diari:
“L’amore di un essere umano
per un altro
è forse la prova più ardua
per ciascuno di noi,
la testimonianza più alta di se stessi”.
Sono temi, i suoi, di una lodevole capacità espressiva, nel risalto di una ferrea fede verso i valori della famiglia, della natura e dei principi umani, spesso decorati da un romanticismo innato.
Parole serigrafate da immagini che accendono luci nella stanza dei sentimenti, una ribalta dove l’armonia di uno status intellettivo si eleva in Dio nel principio di una malinconia giovanile che infiamma i ricordi, il passato, i legami con la gente, quindi tutto il tracciato lirico in lingua e vernacolo è riconducibile a una coscienza idilliaca, all’esplorazione della memoria, ai sentimenti che custodiscono i valori della bellezza.
In Aprile tutto si fonde nella centralità dei principi che estrapola dalla salda cassaforte dell’esperienza, da quell’intensa concentrazione di ottimismo, che lo illumina nei momenti di assoluta congiunzione con le attività motorie e filantropiche. Nella sua mente fermenta il lievito della conoscenza, della solidarietà verso le regole sociali; per lui il sentimento è luce dell’umana sensibilità.
Aprile apre il cuore al prossimo con questa silloge animata dalla necessità di lasciare un’ulteriore testimonianza della sua vita, quindi ha continuato, come il “fanciullino” di Pascoli, ad alimentare il fascino della poesia nel mosaico della sensibilità, dedicando ai lettori di ogni età gli scenari che si sviluppano nella sostanza e nei concetti ispirativi, nelle raffigurazioni di liriche talvolta cromatiche, altre volte lontane da canoni prestabiliti, dove i tasselli di ogni ordine e le metafore spontanee, invitano i lettoria riflettere il ‘900, secoloin cui i sentimenti erano sacri, quindi un’epoca diversa da quella nostra attuale.
Gianni Ianuale
Due Gruccioni sul ramo
Nido di cicogne all’imbrunire
L’amore…
Io amo il mondo,
io amo te,
amo la gente,
lo sai perché?
Mi sento vivo
mi sento un re,
e tutto questo
è grazie a te…!
Sorridi al mondo
e ti sorriderà,
il volto tuo
il volto mio diventerà!
Questo è l’amore…
Donare tutto il bene
che hai nel cuore….
Lo sguardo
Lo sguardo di una donna
t’illumina il cammino
quando ce l’hai vicino
diventi un sognatore
la luce dei suoi occhi
t’inebria, ti seduce
e ti dà un mondo di luce.
Sta tramontando il sole
Sta tramontando il sole
dal mio cuore
ma io non mi lamento
anche se capisco
che mi sto impoverendo
ed è per questo
che sento forte il bisogno
di pensare a loro
Di abbracciare, stringere
e giocare con le mie perle
che Dio mi ha donato,
di parlare con loro
di toccarli ancora
di sgridarli sempre,
di giocare ogni momento
di cantare ed intonare con loro
i canti dell’amore
che fuoriescono ancora
dal mio cuore,
Ringrazio il Signore!!!
9 dicembre 2000 – Sala Consiliare del Comune di Marigliano
Antonio Aprile premiato al “Città di Marigliano”
Sogno
Sogno di te
sogno d’amore
sogno del bene
sogno per quello che viene
e… tutto diventa vero.
Oh! quante meraviglie
ci sono al di là del ciglio
del tuo pensiero
sol sogno.
Il colore più bello
Ti ho cercata tra le stelle,
ti ho trovata
in mezzo ai fiori…
Tra i colori la più bella
il color della tua pelle,
esalta la bellezza delle perle…
Tu come sei bella
a dispetto delle stelle,
come sei cara
con quegli occhi azzurro mare…
Tu mi fai volare,
mi fai sognare
ma quanto ti devo amare.
La forza dell’amore
Io sono innamorato dell’amore
e ho tanto bene chiuso dentro al cuore
ognuno che si accosta per bussare
già è pronto per poter amare…
Questo è l’amore!
Basta donare, senza cercare
senza chiedere mai…
Emozioni
Quando salgo sul palco
non penso la scena
se è d’oro o d’argento
o di legno tessuto,
penso la parte
che è bella e vissuta,
attendo il finale
che ha da venire
senza rammarico
senza paura
ma col coraggio
di averla vissuta.
Ringrazio Dio
Ringrazio Dio
per avermi fatto conoscere
le miserie del mondo,
così ho potuto apprezzare
le ricchezze degli uomini
di buona volontà
con le loro angosce e…
i loro sentimenti.
I sogni al mattino
All’alba i sogni svaniscono
Ti rimane dentro il vissuto,
il ricordo che tu vorresti rivivere
Le colline affacciate sul mare
Le casette sono tutte stese al sole
Con quel bianco ghiaccio accecante
Diventa un incontro celestiale
Quei momenti brillanti si spengono
Al tramontar del sole
Con la notte forse sogneremo ancora
Io lo spero, io ci credo,
e sarà così.
Amo il volo per confondermi con i colori della natura
Sono l’unico olimpionico di questa specialità di volo
Amaro mi pento
Amaro mi pento
di averti parlato
del mio sentimento
perché così facendo
hai sostituito la gioia
col tormento…
Dolce, silenzioso e sublime
pensiero della mente
Oh, come mi pento!
Anche se ora ti tocco
ma tu non vuoi
che io ti senta…
Amaro mi pento
perché hai ammazzato
la mia mente
ma a me rimane il mio cuore
con il suo forte
e dolce sentimento…
Amaro mi pento,
peccato che tu
non potrai mai saggiare
la dolcezza del mio sentimento…
Amore senza fine
Ti amo amore
il mio pensiero sublime
mi sconvolge l’esistenza
e mi travolge nei sentimenti…
Ti ringrazio amore
per le pene e per le gioie
che mi dai…
Amore senza speranza
eppure senza fine
il nostro animo è uno
anche senza poter unire
i nostri corpi…
La sofferenza grande
è non poter gridare al mondo
ti amo, amore, amore mio!
L’eterna vita
Ho fatto
un viaggio bellissimo sulla terra…
Ho avuto una vita
di cose buone e belle
ho lavorato senza fatica
ho amato tutto all’infinito…
Ho avuto una bella famiglia,
con moglie, figli e nipoti
si è costruito l’oggi,
il domani e l’eterna vita
grazie alla buona famiglia…
Io vedo
Guardo all’infinito
ma non supero
lo scoglio,
abbasso gli occhi
ma mi imbroglio
mentre tu,
con la tua forza superi
e passi tutte le barriere…
Guardo il sole,
mi riscalda mi illumina la via,
quella luce
che a me abbaglia
tu la porti nel tuo cuore,
vedi sempre
anche con il buio
quella forza che hai dentro
ti fa correre, ti fa saltare,
ti fa andare, ti fa amare
e quanto io vorrei guardare
il colore dei tuoi occhi,
è amare!!!
L’alba di un gabbiano (S. Sepe)
Passerotto sul grano (S. Sepe)
Pensavo te
Può un uomo resistere
più di cinque minuti
senza respiro?
Questo è il tempo
che posso star io in un giorno
senza pensare te…
Mentre di giorno
mi proibisci di toccarti,
la notte raggiungo il paradiso…
È un sogno continuo…
Ti sfioro le mani,
ti carezzo il viso,
quel bel tuo sorriso mi esalta,
con le labbra ti sfioro le palpebre,
ti bacio le guance, ti tocco il mento
e tutto mi torna in mente,
ti accarezzo quelle piccole rughette
che il tempo dolcemente ti ha segnato,
e quando poi le dita
affondo nei tuoi capelli,
allora sempre più io mi innamoro,
e nessuno me lo potrà
mai impedire…
Sognare
Io vivo nelle nuvole,
cammino sulle stelle…
io amo il mondo intero
e mi piace sognar.
E tu dici che io dormo,
sai, non dormo.
E tu dici che non sogno,
sai, io sogno.
Questo amore grande,
grande come il mare
non si potrà mai fermare.
Io amo il mondo,
Io amo te!
Amo la gente, lo sai perché?
Mi sento vivo
mi sento un re…
e tutto questo grazie a te.
Sorridi al mondo
e il mondo ti sorriderà,
il volto tuo:
il volto mio diventerà…
Amore mio, amore mio
Signore Gesù
Signore Gesù,
perché mi hai tolto
prematuramente
la presenza di mio figlio
a me cara assai?
Mi rivolgo a te,
perché tu possa riempire
il vuoto per la sua assenza,
ti offro le mie sofferenze terrene
e la forza di pregare
affinché tu possa accogliere
mio figlio nelle tue mani.
Grazie Gesù!
Vivo di te
Io vivo di te pensando te…
Dei miei sogni, della mia fantasia,
del tuo riflesso vivo io…
Tra te e Dio mi sono introdotto io…
Il mio cuore si ossigena
del tuo amore, la mia mente
vive del tuo tormento.
Poiché l’amore
è una cosa meravigliosa
chiediamo scusa a Dio
e facciamo l’amore, amore mio.
La Commissione Giudicatrice del “Città di Marigliano”
Napoli, 16 settembre 2000 – Antisala dei Baroni del MaschioAngioino
Uomo
Quando finisce il tempo
tutto è nulla…
Un comportamento onesto,
serio e da bene
al tempo te lo troverai;
non c è nulla che non sia
già stato scritto,
bisogna capire chi
come e perché lo ha scritto.
La vita eterna
Com’è triste la morte
che si prende la vita
senza dubbio di sorte,
fino all’infinito,
senza corte d’appello,
senza chiederti niente.
Perché mio padre
mi avrebbe lasciato
e quando mia madre
mi avrebbe abbandonato?
La morte fa parte della vita…
Sono i figli che ci fanno vivere
fino all’infinito,
sono la nostra eterna vita!
Preghiera a San Francesco
Caro S. Francesco,
tu che sai volare con gli uccelli
io ti prego, vola da Gesù,
pregalo come sai fare tu
e fa che poi ritorni un po’ quaggiù…
Tu parlaci di noi, degli uomini
che stanno trasformando il mondo
con l’odio al posto dell’amore.
Caro S. Francesco, tu che hai condiviso
le sue sofferenze lì, ad Averna,
dove hai conquistato il mondo,
ti prego caro S. Francesco
dai la speranzaa chi ha la disperazione,
la fede a chi non crede.
Ti prego annulla i nostri difetti
e accresci i nostri affetti,
fa che si doni perché è così che si riceve:
e che si ami il mondo, così
che il mondo possa ritornare ad amare
con tanto, tanto e tanto amore…
Caro S. Francesco,ti prego,
intercedi con Gesù per far avere
la forza a Papa Francesco
di insegnare al mondo che cos’è l’amore…!
Sorriso del cuore
Sorridi uomo?
Sei contento?
Fallo tanto!
Ho visto levarsi
tante farfalle
dal tuo volto
trasmettere tanta energia
a chi ti guarda…
La luminosità
del tuo volto abbaglia
con il sentimento
del tuo cuore…
Sorridi… uomo
così gli altri
imparano a sorridere…
Gesù
Stammi vicino, dammi la mano
accompagnami per la via
per quel che resta della vita mia.
Di te ho bisogno io,
grazie per tutto quello
che hai dato alla vita mia
e per tutto quello che ancora mi dai.
Ti prego non lasciarmi
la mano per la via
perché tu sei la luce della vita mia
e del buio ho paura io.
Da qui, sul podio della speranza, osservo la natura delle cose
Il cielo del condor
La mia piccola patanella
Questo giorno sai cos’è,
è un bel giorno e sai perché
ho la bimba appena nata
che dev’essere battezzata.
Oggi al dì son contento,
sono pieno di sentimento
e gridar lo voglio al mondo.
Oggi al dì se sapessi com’è bella
la mia bimba patanella,
ha due occhi come stelle.
Oggi al dì prendo quello
che mi ha dato questa vita fortunata
anche molto appassionata.
Oggi al dì.
Una donna
Quando guardi una donna
sembrerebbe malandante
forse piena di difetti…
Non è vero stai sbagliando
guarda bene un po’ più avanti…
Lei si muove da felino
con dolcezza e ancor più fine…
Forse è vero non ha culo, non ha petto
non ha niente di difetto,
forse tranne un po’ i capelli
ma che sono tanto belli!
Lei è donna lei è mamma
lei è amore lei è amante….
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Seconda Parte
Musica, Affetti, Tradizioni e Creatività
Temi in Lingua Napoletana
Introduzione
di Biagio Di Meglio
“L’amore
è un mistero sacro.
L’amore
è l’unica libertà al mondo,
perché innalza
a tal punto lo spirito
che le leggi
dell’umanitàe i fenomeni
della naturanon hanno
il potere
di alterarne il corso”.
Eduardo De Filippo
Opera di Melina Tricoli di Messina
Introduzione
Si è sempre rilevato che solo l’amore è tra gli elementi basilari e più rimarchevoli per ispirare atmosfere sentimentali all’animo degli autori dell’arte e della cultura per rafforzare i propri libri da offrire al mondo in cui svolgono dignitosamente un’alta operosità nel nome dell’autentico umanesimo.
Ho pensato a questo concetto per dedicare la stessa opinione al poeta Antonio Aprile che presenta alle stampe la nuova silloge di liriche – in lingua e in vernacolo napoletano – sbocciate dalla sua attività lavorativa nonché dal suo amore per l’educativo lirismo che ha sempre considerato parte integrante del suo vissuto.
Attraverso un’attenta lettura della seconda parte di questo libro abbiamo potuto raccogliere gli aspetti più significativi del folklore partenopeo e degli altiorizzonti che hanno sempre interessato le sue personali visioni dell’armoniosa bellezza dell’equilibrio poetico. Il suo animo, unito ai valori della famiglia, alla passione della musica e del romanticismo, proietta numerose emozioni che fanno breccia sia nella luce della cultura che nelle emotività dei lettori tanto desiderosi di ossigenarsi alle nuove fonti della letteratura contemporanea alla quale Antonio Aprile ha saputo offrire tutto se stesso anche nella sua seconda stagione riscattata da una giovinezza di spirito quale frutto di intense esperienze acquisite cristianamente sia in decenni di onesto lavoro sia in meritati viaggi soprattutto all’estero, che gli hanno permesso di arricchire il patrimonio artistico e culturale nel quale ha sempre proiettato le radici del suo animo fin dal primo debutto alla ribalta letteraria.
Grazie a questo itinerario dell’autore riscopriamo il
fascino del suo piccolo mondo permeato di amore e di umanità per la famiglia, rivelandosi un letterato ispirato ai valori culturali di autori come Edmondo De Amicis, Salvatore Quasimodo, Libero Bovio ma anche personaggi dell’alta ribalta cinematografica come i famosi Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Totò, ma soprattutto il mitico Charles Spencer Chaplin, in arte Charlot, che seppero offrire un dignitoso contributo all’affermazione dei più nobili ideali della vita nei quali Antonio Aprile ha saputo riscontrare se stesso anche in un autunno solare odierno, offrendo prestigio educativo e leale alla sua eletta moglie Eva, e alla famiglia: autentici tesori di fede e di amore per ogni traguardo della sua missione di poeta e imprenditore mai lontano dagli affetti né dalla musica.
Biagio Di meglio
Storiografo del Cinema
Ischia
Gabbiano solitario (S. Sepe)
A Don Vittorio Pirro
con tanto affetto
Buon giorno Don Vittorio,
tra questo e l’altro giorno
ne son passati tanti…
quaranta di anni e non di giorni…!
Con passione forte e ardente
spendi tutto l’amore
che hai dentro per la gente,
le famiglie, e per tanti e tanti figli…
Parli a Dio e alla montagna,
quanta forza ne guadagni…
loro dicon cosa fare e ti aiutano
a pensare, per tornare ai tanti figli
e a tutte quelle famiglie sì, perché ’e figlie
‘nun so’ sulo chille ca s’e parturiscono…
’E figlie’ so’ chille ca se cresceno
e… criscennno cuntenti
lle se dà ’o core senza cercà niente…!
Quarant’anni ’a sta muntagna?
Ma d’allà, addò venite,
ne so’ tante cchiù ’e ’na vita…
Riturnanno a chilli juorne
io ce tengo ’a precisà, e si ’a capa
nun m’embroglia, vuje m’avite perdunà,
ne so’ tante e tante assaje
che a cuntarli nun se po’ fa…!
Antonio Aprile al Teatro San Carlo di Napoli
Me fatte ’nnammurà
di Aprile-Fagnoni
Stanotte ’nsuonne me t’ ’aggio sunnate
ma po’ me sò scetato ’nnammurate,
t’ ’aggio stregnute e nun t’aggio truvato
nun stive ’mbraccio a me, ma ’mbraccio a ’nato.
Rit. Me fatto ’nnammurà e mo’ me faie dannà,
quanno me guarde tu, io nun raggiono cchiù.
Nun me guardà accussì, si no me faie ’mpazzì,
nun me guardà accussì, si no me faie murì.
Ma dorme p’ ’o pensiero ’e te sunnà,
me scete p’ ’o pensiero ’e te vasà.
E po’ me fermo senza arraggiunà,
mannaggia a te, me fatte ’nnammurà.
Rit. Me fatto ’nnammurà e mo’ me faie dannà,
quanno me guarde tu, io nun raggiono cchiù.
Nun me guardà accussì, si no me faie ’mpazzì,
nun me guardà accussì, si no me faie murì.
Orchestra e finale
Nun me guardà accussì, si no me faie ’mpazzì,
nun me guardà accussì,
si no me faie murì, me fai murì.
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Canzone vincente al Festival di Napoli
del Cav. Antonio Aprile – Reg. SIAE n. 120596
’O matrimonio
Quanno sposa ’na figlia
pare ca pierd’ ’o bbene…
te siente ’e venì meno,
te manca l’aria
e nun te pare overo…
Tu dice nun’ ’è overo
ma po’ t’ ’e rassignà,
miettete ’mpace ll’anema
nun ce sta nient’ ’a fà…!
Quanno po’ ce rifliette
te vene da penzà:
cheste sò ’e cose belle,
pecchè tu ’e vuò cagnà?
Quanno sposa na figlia
se fa ricca ’a famiglia…
tra feste, canti e suoni
’o ssaje… te siente ’ntrono…!
’Ntrono comm’ ’a nu rè
pecchè ne caccia ’a uno
e te ne traseno a tre…!
Un volatile speciale
Nessuno è mai solo se convive con amore in Dio (S. Sepe)
Nun te parlo cchiù d’ammore
Nun te parlo cchiù d’ammore
nun m’addimmannà pecchè?
Chist’ ’è nu turmiento ’e core
ca me porto ’mpietto a me…
Ce parlammo, ce dicimmo
tantì cose belle assaje…
ma po’ quanno ci’astrignimme
nun è niente overo, maje…
’A pazzaria
L’ammore è pazzaria?
Embè vurria essere pazzo pur’io!
Io songo pazzo…
embè, nun me ne ’mporta
si aggia affruntà
sta ggente aret’ ’a porta
pa’ fa arraggiunà!
Ma chi raggiona?,
’e pazze simme nuje,
songo lloro, o site vuje?
Ve l’avite addimannate?
Chello che ’mporta
overamente all’ate,
del resto si capisce,
ca si nun simmo pazze
nun se gioisce…
Nu criature piccerillo
L’atu juorno cammenanno
guardo sotto a nu murillo
nu criature piccerillo
tene na serenga ’mmano…
Che ce faje bellu guagliò,
sùssete all’oco, viene ccà,
che te dico ch’ ’ammà fa,
viene ccà, damme ’a mano
jammo ’a casa addò papà…
E chi ’o tene signurì?
So’ duje anne carcerato…
e jammo a casa addò mammà.
Vuje vulite pazzià?
So’ tre mise va fujenne
pe’ nu furto ’mmiez’ ’a via.
E chi ’a vere ’a mamma mia?
E pe’ chesto tu te miette a pazzià,
cu sta serenga ccà…
nun l’hê a fa…
nun capisce ca sta cosa
accire viecchie, giuvene e criature,
lassa stà, viene a campà,
ca io mò t’ ’aggia aiutà…
Che lle manca a stu guaglione?
Na carezza ’e genitore,
nu cunziglio pe’stà bbuono,
o nu sguardo cu passione
pe’ lle fa capì l’ammore…
E po’ ’ncapo a me passaje
ma tu guarde che se fa
pe’ nu poco ’e felicità,
te fa murì senza campà …
Penzo a te
So’ duje juorne ca nun te veco:
comme faccio senza e te?
Si nun te pozzo vedè
comme faccio cchiù a campà
si tu parle ’e me lassà?
Campo sulo a te penzà…
e… quanno me vaco a cuccà
penso sulo a te sunnà…
Napoli, 6 ottobre 2001 Antisala dei Baroni del Maschio Angioino
Antonio Aprile riceve il Premio “Ottaviani”
’A legge
La legge è uguale per tutti!
Nun è overo!
V’ ’o dic’ ’io ca nun so’ nisciuno…
’A legge è bbona
pe’ chi vò ’mbruglià,
ma pe’ chi penza ’a faticà
nun ce sta niente ’a fà!
Un telegramma:
presentarsi l’11 settembre…
Prego Sig Giudice: voi avete dato
questo e quello a tizio e caio?
No Sig. Giudice, nun saccio niente
e nun’aggio fatto niente…!
Chi se sbatte, chi se ’ntosta,
chi s’ ’atteggia e pos’a posta
ma p’ ’a fine d’ ’a jurnata
n’ ’hanno fatte tutte menate….
Sig. Giudice, Sua Eccellenza,
non mi date penitenza
perché a far questo ci stà chi ci pensa…
Condannato, perché???
Non sapeto niente,
nu bello juorno, na pazza:
Sig. Giudice m’ ’hacciso ’e mazzate,
è vero, lo giuro, eccellenza
ma… chell’ ’è pazza…
Condannato, perché avete rotto le tazze…!!!
Chest’è ’a ggente d’ ’a legge
e per questo vi dico
fujte… fujtevenne luntano…
ca io so’ ’gnurant ’e sta legge
e nun capisco niente…
Chello ca ve pozzo assicurà
è ca l’avvocato nun se ne ’mporta,
chesto, o chella, è ’a stessa cosa,
basta che all’avvocato va ’a pagnotta…
E nun ve dico ’e giudici
che songhe assaje curiuse
e nun capiscino niente,
nun se ne ’mportano ’e niente,
nun leggeno niente…
E alla fine tanta niente
t’abboffano ’e mazzate pe’ mez’ ’e niente…
Ma si pe’ caso tu fusse curiuso
e ll’hê fatto nu poco ’o smaniuso,
te ne vaje cu ’o cazone ’nfuso…
E che ve pare… è overo?
Che ’a legge è uguale pe’ tutti?
Ma nun è overo…!!!
V’ ’o dich’ io pecchè me so’ fatto viecchio
perdenno tutt’e cause
ca nun avevo raggione poco
e si vulite spiegazioni ve metto
nomme, cugnome, e azioni…
Auguri a zio Gino
Auguri a zio Gino,
auguri novanta!!!
Novanta so’ poco
ma so’ tanti!
Pe tutta ’na vita
so’ poco, so’ niente
nu scuscio ’e viento.
Nu lampo, nu tuono,
basta e va bbuono…
Ma chesto a zio Gino
ca tutt’e mmatine
arrapennno sta porta,
rido ’nfaccia ’a morte
E ride p’ ’o core
cu tutto ll’ammore
ca atì cinquanta
nisciuno c’ ’ leve…
Pe’ chesta via
ca ci’ ’ha rato Dio…!!!!
Cicogna nel cielo azzurro
Il teatro del Pavone
’O culore d’ ’e rose
E rose so’ penzier’ ’e ’nnammurate,
pure si ce stann’ ’e spine,
ogni culore tene nu significato,
arriva e te porta na ’mmasciata.
So’ belle, so’ addirose
e so’ chien’ ’e tanti cose…
Chella rosa è affettuosa,
chella gialla è gelusia
che s’arrobba ’a vita mia,
chella rossa è passione ardente
e te mette ’o fuoco ’a rinto,
chella arancio è fascinosa
e m’annasconne tutt’e cose,
pesca, se porta ’e segrete,
ma sò ’e curallo tutt’e desideri,
misteri e tanta saggezza,
bianco amore spirituale, è purezza…
’E rose pe’ ’manese
messaggio e dolcezza,
’e rose annasconnene
’e segrete ’e ’nnammurate,
ogni culore porta na ’mmasciata.
Vucchella sapurita
Comme
me piace tu
vucchella ’e rosa,
stu core è ’nzuccarato
pe’ nu vaso!
Vucchella doce,
vucchella sapurita,
m’ ’hê ’nsapurit’ ’a vita
tenera comm’è ’o latte!
Pure
si ’e vase ca me daje
so’ distratti,
ma nun ’mporta
io so’ cuntento
e… basta!
Tu sì’
nu muorzo ’e femmena,
si’ ddoce e sapurita,
pure si
me scumpine ’a vita,
me sierve pe’ campà…!
Parlanne cu Gesù’
Tutt’ ’a ‘nu tratto
s’è schiaruta ’a notte
cu sta cumeta ca lucenne assaje
ha rate tanto ammore
’ncopp’ ’o munno…
Gesù Bambino è nnato!
E quantu bbene c’ ’ha purtato!
Ate cu tanti doni,
ha purtato l’ammore,
pe’ purdunà ’e peccate
grazie ca ognuno è nato…!
Gesù, tu spiegame na cosa:
pecchè ’ncopp’ ’a stu munno
tanta ’mpise?
Si ognuno si facesse ’e fatte suoje
già chistu munno ccà
sarria nu paradiso…
Gesù Bambino, che è tutto sì divino,
tu famme nu piacere, fa ca sta gente
overo se vo’ nu poco ’e bbene…
E mò ’nnanz’a Gesù
facimmo sta prumessa
ca ognuno s’addà vulè bbene
senza interesse…
Riunione speciale nell’Eden della natura
Non stancatevi mai di osservarmi
perché sono colui che stuzzica i cervelli
L’aucielle
’O volo ’e l’aucielle
ca se so’ rott’ ’e scelle,
cantano e so’ felice
volano
e fanno ammore.
Io vurria sapè
ma comme fanno
si so’ ferite comm’ ’a mè?
Eppure,
alleramente cantano
p’ ’ammore ’e Dio.
Preghiera ’e santi
Aggio pregato ’e sante
pe’ me fa sta ’a sentì,
pecché ’a colpa ’e chist’ammore
è tutta quanta ’a mia.
E tu, tu… ce l’hê ditt’ ’a Dio
quanto me faje suffrì?
Chest’è ll’ammore, na passione
forte ardente ca te mette,
ca te mette ’o fuoco ’a rinte
trasenno ’mpietto alleramente
e ca nun capisce niente…
Famme felice, astrigneme nu poco
cu nu vaso ardente
e io t’accarezzo ancora!!!
Nun te voglio bene cchiù
Nun te voglio bene cchiù!
pecchè nun me faje durmì?
Pecchè nun me faje campà?
Fisso è ’o chiuovo dint’ ’o core,
nun te voglio bene cchiù!
Chest’ ’ è chello ca dico io…
Ma che dice o core mio,
ca se sbatte e s’ ’arrevota,
ca nun vo’ sentì raggione…
parla sulo ’e chist’ammore!
Chi m’ ’o dice è ’o core mio
ca nun me vuò bbene cchiù?
Iesce sole
Iesce sole,
e trase ’a rinte,
scarfa ’e case
e tutte quanto,
trase ’mpietto
’a tutt’a gente
dacci ’a forza
a chi nun tene,
fa vedè
quanto si caro.
Desiderio
E che turmiento
forte dint’ ’o core
sta smania forte
e vulè fa’ ll’ammore.
Te voglio,
te desidera stu core
cu ’a smania
’e tuccà
tutta sta delizia:
sta faccia bella,
sta vucchella d’oro.
Me fatto sentì
sulo l’addore!
E quanno me ne faie fà
na mangiata?
’O saje
ca io me songo
appassiunato…!
Autentico gruccione africano (S. Sepe)
Quanno nasce na criatura
Quanno nasce na criatura
porta a gioia dint’ ’a casa…
Tutt’ ’attuorno nu surriso
ca te sponte ’ncopp’ ’o viso,
esce ’a pietto, ’a dint’ ’o core
e te porta tant’ ’ammore…
Quanno nasce na criatura
mille e mille so’ ’e penzieri…
sarrà bella, o sarrà brutta?
Chest’è, o chell’è, sarrà overo?
Vire ’e mmane, ’e pieruzzielle,
tene tutto accunciulillo,
né… chell’è na perzechella!
Cu sti mmane a pagnuttella
quanta e quanta vota è bella…
Quanno nasce na criatura
sciogli’ ’o ghiaccio ’a dint’ ’o core,
tu ’a guarde e te cunzuole…
Quanno po’ che t’appartene
nun te dico che te vene,
tu te sciuoglie, t’ ’arravuoglie,
te ne scinne ’a dint’ ’e panne…
Pure sì ca tutto chesto
nuje capimmo ca è nu sbaglio…
tutt’e criature songo belle, songo uguale,
songo l’anima ’e dimane…!
’Nzieme a te
Me voglio fa nu suonno
’mbraccio a te
e mentr’io dormo
nun m’ ’adimannà pecchè…
Pecchè si dormo
sonno e penzo a te
vulanno ’ncopp’ ’e stelle
’nzieme a te…
So’ tutte belle ’e fémmene
So tutte belle ’e fémmene,
pure si vuje parlate
pure si vuje dicite
si chesta o chella llà,
pure si chella è chiatta,
pure si chella è grossa
o è sulo pelle e ossa,
s’ hanna sapè guardà…
So’ tutte belle ’e fémmene
ca fanno sceme all’uommene,
fanno felice all’uommene
e s’ ’hanno rispettà.
’O vaso
E… comm’è bello
’a sentì ’e dì
damme nu vaso…
Na cosa s’arrevota
dint’ ’o core,
te piglia a rinte
e te dà tutte cose…
Nu vaso quanno è vaso
è assaje cchiù assaje;
’o vaso quanno
è dato cu passione,
ate ca tutt’ ’o riesto
dell’ ammore…
Nu vaso veramente
appassiunato
t’ ’attacca ’e mmane
e te ’ncatena ’o core,
chist’ ’è nu vaso
chest’ ’è ’o vero ammore!
Damme ’nu vaso
ca sinnò io mo’… moro!
Il mio è soltanto un volo pacifico oltre che pindarico
Sono intraprendente, ma non sono poi tanto cattivo…
L’ammore nun tene età
Io songo viecchio
ma nun m’ ’aspettavo
ca pure all’età mia
fernesse ’nnammurato.
Quanno m’ ’è capitato
io so’ rimasto stralunato
eppure v’ ’assicuro
ca me fa bbene assaje
comm’ ’a nu fuculare già stutato,
stu core mio s’ ’è appicciato.
È piccerella, ma tene na vucchella
assaje bellella, è sapurite e ddòce
comm’ ’a na perzechella;
tene ddoje tettarelle comm’ ’a duje
buccuncine ’e muzzarelle.
Quando la guardo in viso
accende un bel sorriso,
una brizzolata chioma
completa la bellezza, ma
tene l’uocchie
comm’ ’a ddoje lucenti stelle
ca brillano comm’ ’all’oro,
ma so’ cchiù belle
d’ ’o culore d’ ’o mare.
’O munno
Io so’ gnurante
e nun capisco niente…
Vurria sapè na cosa sulamente.
Pecchè sta vita
e tutta chesta ggente
’mmane a stu munno
nun vale cchiù niente…?
Che fine ha fatto stu munno
senza educazione?
Annamaria
Quanno vaco addò Annamaria
me cunzolo ’a vita mia:
zuppa ’e còzzeche ’mpepate,
purpetiello marinato,
capunata cu ’a ’nsalata,
na frittura e panzanella,
tutte cose bbone e bbelle…
Quanno porta a bullettella
tu te pienze ’e ’ntussecà,
nun’ ’è overo…
Hê mangiato e te si’ cunzulato,
cu quattro sorde ch’ ’e pavate…
’E Criature
’E criature,
che cosa bella ’e figli!
Tu ’e guarde, e chille chiagnene,
tu ’e guarde, e chille rideno,
ma quanno nun se firene,
te fanno fermà
’mpietto ’nu respiro…
po’, quanno dormene,
tu t’ ’avvicine e rire sulo sulo.
Che gioia ca se prova
a ’stu mumento,
che gioia ca se sente dint’ ’o core
ca te fa scurdà tutt’ ’e turmienti…
e tutt’e cose amare ’e chesta vita.
Ma quanto fosse bello
si tutt’ ’e pate s’astrignessero
’e figli ’mpietto
e ruceliannese ’ncopp’ ’o lietto,
s’ ’emparassero a ridere.
E… po’… ridenne ridenne
’e criature nun so’ cchiù criature…
Ma nun ce ne accurgimme
pecché p’ ’e pate,
’e figlie so’ sempe criature!
Voi non ci crederete, ma questo è il mio vero mondo
Siamo una schiera di uccelli nel cielo della Magna Grecia (S. Sepe)
Na refola ’e viento
Na refola ’e viento
a riva ’e mare
è na carezza ’e n’angelo
’a luntano…
è comme ’o sciato ’e Dio
ca me cunzola chesta vita mia.
T’ ’arriva doce
e t’accarezza ’o core…
me para na parola
eppure cu ’a mano ’e Dio
tutt’ ’addiventa ammore,
ammore mio.
’O mare
Nu sguardo all’infinito
’ncopp’ ’o mare,
na voce doce arriva ’a luntano…
so’ voce d’ ’a fatica ’e marenare…
Che luna chiena
e quanta luce a mmare,
nun c’è bisogno manco d’ ’a lampara…
Mamma mia che bella luna,
stenn’ ’e mmane e quasi ’a tocco
po’ ce provo, ma po’ me blocco…
’O mmale e ’o bbene
Quantu bbene nuje perdimmo
quanno nun ce salutamme,
quantum male ’nce facimmo
pe’ dispietto e pe’ puntiglio.
Frate e sore ce pigliammo
p’ ’o ’nteresse sciarriammo,
ma a che serve me dicite
si p’ ’a fine ’e chesta vita
tutto ccà s’ ’adda lassà…
E pe’ mez’ ’e stu puntiglio
ce perdimmo tutt’ ’o bbene,
tutt’ ’o bbene ’e chist’ammore
ca tenevo dint’ ’o core…
e pe’ chesto ca te dico:
“Viene ccà, fatt’ ’abbraccià
e cercammo ’e perdunà…
o chest’ ’è ’o bbene
o chest’ ’è ’o mmale,
e si stessimo a sentì chesti pparole
nun perdessimo
ll’ammore ’a dint’ ’o core”.
Ommo ’e parole
L’ommo ca è ommo
quanno è ommo tene ’a parola…
Quanno l’ommo vene meno
’ntiemp antico era prublema,
mentr’ ’oggi l’eccezione
è sultanto chi ’a mantene.
Nun esiste ca parlammo
nuje dicimmo e ce scurdammo
tutto chello ca s’ ’è ditto…
pe’ me so’ strumiente scritte
pirciò quanno vuje parlate
tengo tutto registrato…
Passione
Passione, desiderio ’e bbene
portano ’e sentimenti,
lusinghe e pene doce…
È overo, e comm’è bello
a purtà sta croce…
Passione forte e ardente
te mette ’o fuoco a rinto…
e cchiù ’o cacce, e cchiù t’ ’appicce,
tu si’ lampo, tu si’ tuono, ma
quanno sto cu tte me sento ’ntrono,
’ntrono comm’ ’a‘nu rè,
pecché so’ felice assieme a te!
Volo del mignattaio (S. Sepe)
Che gioia! Sono i colori della mia vera anima (S. Sepe)
’O Scarpariello
E ’nghiove, ’nghiove, ’nghiove,
’o scarpariello
pe’ na jurnata sana
’e semmenzelle…
Cantanno e faticanno alleramente
già d’ ’a matina ambresse
aret’ ’o bancariello:
mò tir’ ’a suglia
’ncera e pass’ ’o spago
e tra nu tacco e n’ato
e assaje cuntento.
Po’ quanno
sona l’ora d’ ’adunata
s’ ’abboffa e se scola
tutt’a fiaschella
e che felicità stu scarpariello.
Quanno se vede
sta bella famiglia, che le dà forza
sempe tutt’e juorne,
chillo ’nghiova sempre assaje
cchiù semmenzelle…
E chest’è a vita semplice e bella
d’ ’o scarpariello…
’E guagliune ’nnammurate
Sti guaglione scumbinate
songo poco ’nnammurate,
ma pecchè?
Se so’ scurdate ’e chell’ammore
mmiez’ ’o grano sott’ à luna
’ncopp’ ’e scoglie
cu n’amico che sbrevogna.
Forse ’e tiempe so’ cagnate,
chest’è overo, ma sapite
simme state scumbinate
pure nuje, ma
simme sempe ’nnammurate…
Tutt’ ’e juorne
A juorno a juorno
appassionatamente
io campo chesta vita
chiena ’e sentimento…
Io, quantu bbene
che aggio avuto tutt’e juorne,
e comme so’ felice
senza scuorno!
E quanto pozzo…
pure all’ate ’o dongo,
facenneme felice
senza scuorno…
Nun’ è peccato
Me so’ sunnato a te
tutt’a nuttata
tra vase ardente
e strette appassionate
e tu me viene a dì
ca è nu peccato,
ca nun’è overo
ca tu si’ spusata…
Ma comme se po’ dì
ca è nu peccato
si so’ arrivato
’ncielo e so’ turnato…
Pienze
quant’ ’era bello
si aggio tuccato pure
quacche stella
ma che ce tiene
dint’ ’a sta capuzzella?
Damme nu vaso
e strigneme azzeccuso
ca chest’è ammore
pure si è curiuso.
Primo piano del Nittigola (S. Sepe)
Non sono su Marte ma nel tempio della poesia (S. Sepe)
Guardannese
Avite maje visto
’e passere
quanno fanno l’ammore?
Se guardano
dint’ ’all’uocchie
ma parlano c’ ’o core!
E quant’ammore
se so’ cunsumato
senza parole
e senza dirse niente
guardannese
dint’ ’a ll’uocchie
sulamente.
’O ’mbruoglio
E che se passa pe campà nu poco,
ma nun è ditto ca se sta cujeto
pe’ quanti ’mbruoglie
stanno ’ncopp’ ’o munno…
Quanti cane attuorno a ’n’uuosso,
ca se zucano ’o merullo
quanno po’ è furnute l’uosso.
Fosse niente, nun ce ne ’mporta,
ma si ’nun te staje accorto
niente e niente te rimane,
t’ ’hanno mise ’o culo ’a fossa.
’O tremuliccio
E quantu tremuliccio dint’ ’e cosce
e pure sti caviglie e sti denocchie,
nun ve dico ’e braccie
so scassate, so’ rotte e vanno appese
’a tanti e tanti mise, e chesto embé ce stà!
Pecchè? Nu buono figlio ’e ’ndrocchie
na matina mettette a marcia indietro
e m’ ’ha sbattuto ’nterra…
E doppo l’incidente nun ve dico:
scusate giuvinò, nun l’aggio fatto apposta!
E tu accussì ’o vulivo fà?
Néee, figlio ’e ’ndrocchie
passammece pe ’ncoppa, che ce ne ’mporta.
Io ’o saccio, nun credite, v’ ’o giuro
e po’ v’ ’o dico ca pe’ tutt’e cose overo
me donco ’a forza e dico: affronta
’n’atu juorno pure si è cu ’a fatica…!!!
È ’na chiusura ’e porte, na raputa ’e fenesta,
’nu sguardo triste e mesto, penzanno che ce stà…
Maje pe’ cumanno
Tocca cucchiè!
Và… portame ’o munno
d’ ’a verità…
pecché ccà ’nterra
nun tengo cchiù niente ’a fà…
Mo’ ca sto sulo
Mo’ ca sto sulo, io penzo,
m’ ’addimanno e dico:
si dint’ ’a chistu povero mumento
tu pure pienze a me.
E ’a luna ’a coppa me guarda
comme si fosse niente,
ma essa ’o sape, pecché
se mette scuorno e chianu chianu
lentamente s’annasconne,
po’ esce ’a fore e dice:
“Tu nun si’ sulo a chiagnere”.
E pe’ me fa capì me votte ’e lacreme,
me dice aspiette, ca comm’ ’a me
pur’essa adda turnà all’appuntamento.
È overo, po’ tardà, ma pe’ na sera e doje…
Po’ dint’ ’a na sera ’e maggio
cu ’a luna ca me votte ’a luce rossa
dint’ ’a stu ciardino frisco ’e sciure,
cu sti bucciuoli rossi tutt’ ’addirusi ’e piante,
m’ ’a veco appresentà cu ’e mmane stese
comm’ ’a na rundinella senza nido,
dicenneme: “Totò, stienneme ’e mmane”.
Me stregne forte ncopp’ ’o core
e chiagne lacreme d’ammore.
————
Tema dal libro “Allerezza d’ ’o core”.
Edizioni Grafica Anselmi 2001
Sono stato eletto per amore della Provvidenza
Se abbiamo un cuore, amiamoci, viviamo nei colori del cielo…
’O viecchio
Quanno staje pe’ te fa viecchio,
cirche sulo ’e sta cuieto…
Vaje truvanne nu riposo
Pe’ cercà ’e penzà nu poco
tutt’e cose d’ ’o passato,
tutt’e cose ‘e chesta vita
ca te tornano ’int’ ’a capa.
E te fanno fermà ’o core…
po’ mentre staje penzanno
quase quase staje chiagnenne,
tutto chesto pare triste
ma fa bbene assaje ’o penziero,
te pripar’ ’o passapuorto
pe’ quanno arriva ’a morte.
Na fattura
Si esistono ’e fatture
tu a me m’hê affatturato.
Si esiste ammore overo
me songo ’nnamurato
e tutto chellu bbene
ca tu m’ ’hê purtato
’o tengo chiuso ’mpietto,
pecchè so’ ’nnammurato
e comme me può dì
ca è nu peccato…
’O penziero
Nu juorno, quanta juorne;
nu mese pe’ tant’anne,
ma che te crire
ca io nun songo ’e carne?
Io te l’aveva dicere sta cosa
sinnò schiattavo
e mo’ ca te l’aggio ditte,
crireme
si alleggerì t’ ’o vuò
chistu penziero,
basta ca stienn’e mmane
e tutto addiventa overo.
Na stella
Ma comm’è doce ’o bbene
ca m’ ’hê mise dint’ ’e vene,
è comm’ ’a nu veleno
ca nun me fa campà
e io comm’ ’a na stella
me metto a fantasticà…
Na stella sola sola se ne và
dint’ ’a stu cielo chin’ ’e fantasia
ca s’ ’arrubbato chesta vita mia
e mò nun saccio cchiù
comme aggia fa.
A voce e’ mamma mia
Ho davanti agli occhi
il viso di mia madre,
tengo dint’ ’e recchie
’o suon’ ’ e sti parole,
quanno tutt’e sere
’o vico d’ ’e stagnare
chiammave a me…
’O bbene ’e tutt’e mamme
sta ’nghiuso dint’ ’o core
quanno chiamman’ ’e figli
’o fanno cu l’ammore…
E… chelli voce antiche
’a sera pe’ sti viche
nun se sentono cchiù
comm’ ’a na vota…
Che cuncierto, quanno ’a sera
pe’ sti viche scuro scuro
nun se sente cchiù nisciuno
comm’ ’a tantu tiempo antico.
Tutt’e mamme pe’ sti viche:
Geretiè, Viciè, Pascà.
Mo’ nun se sente chiù
’na voce ’e mamma
ca chiamma ’e figlie suoje
pe’ miez’ ’a via
e quann’ ’è sera che malilncunia
pensanno a chella voce
’e mamma mia!
Un colombo napoletano (S. Sepe)
Luceno ’e stelle ’ncielo
Che luce ’e stelle ’ncielo,
che gioia dint’ ’o core…
Sì, ma po’ ce ne sta una
ca è diversa a tutt’e ‘llate…
Tene tutta ’nata luce
e m’aspetta puntualmente
tutt’e sere ’o chiaro ’e luna….
’E malate
Che sufferenza
quanno vene ’a sera
pe’ sti malati.
Che malincunia, che strazio,
che pene quanno vene a sera.
Po’ quanno è matina
te piglia na smania
pecchè schiara juorno
cu tutte quanti attuorno…
È passata ’a nuttata
pe’ tutt’ ’e malate
e s’ ’accummencia n’ata jurnata
cu na speranza
e vedè ’a jurnata ’e dimane…!
L’ùrdema nata
Gesù quantu bbene
che aggio avuto
quanno me so’ arrivate
sti nepute…
Songo sicuro ’e l’eternità
lascianno a lloro
chistu munno ccà…
Quanno sto sulo
me metto a penzà,
lloro me danno ’a forza
’e rummanè ’a campà…
So’ belli, so’ forti e so’ carnale
e me cunzolo sulo a lle penzà…
L’ùrdema nata, ’na piccerella
nu poco pagnuttella,
duie uocchie comm’ ’e stelle
ca me fanno squaglià a lla guardà…
Apprufitto ’e stu mumento
pe’ ve cercà
nu poco ’e cumpiacenza,
si vuie quanno putite,
datece nu poco ’e tiempo
ca pe’ nuje è ancora ’a vita…
’O dulore doce
Quanno ’o dulore è doce,
te vene cchiù ’a forza
’e purtà ’a croce…
’e lacrime se seccano,
ll’uocchie s’ ’asciuttano.
Quanto cchiù forte è ’o bene,
cchiù forza ca te vene
ma po’ te manca
’a forza ’a dint’ ’e vene.
Faciteme sentì
ca nun so’ muorto,
faciteme capì
ca è tutto overo,
e… tutt’ ’o riesto nun me ’mporta,
basta ca nun me lasciate
sulo a reto a porta
assieme a morte.
’E mmane toje
Io t’accarezzo ’e mmane:
nu gesto proibito,
quanta speranza daje
a chesta vita
e quant’ammore scoppia
dint’ ’o core mio
sulo tuccanno
chesti mmane toje.
Io non sono mai solo perché nel mio volo c’è l’aura di Dio
Miraggio della natura (S. Sepe)
Vasce scuro
Io so’ arrivato ccà
quasi pe’ scagno
e so’ cuntento
ca’ ce so’ arrivato.
Ca sotto sotto
me sò cunzulato.
Io songo nato
dint’ ’e vasce scuro…
embè che d’è?
Un orgoglio
questa mia natura!
È che ve pare
forse nun è overo?
Ma ve lo dico io
che son sicuro,
e quando all’amor mio
vi assicuro
che il cuore mio
brilla, e non è oscuro.
Vaseme
Te guardo dint’ ’all’uocchie
e l’uocchie chin’ ’e chianto;
quanno te chiammo ammore
comme me tremma ’o core;
quanno te stenn’ ’e mmane
’o saje ca’ me ne more…
Vasame comm’ ’a chella sera, vaseme,
nun me dì cchiù niente, vaseme
ossigena stu core cu’ ll’ammore
famme sentì ca songo vivo ancora,
damme nu vaso ca sinnò io mo, moro.
Quanta gente
Oh! mamma mia!
E… quanta gente
passa pe’ sta via,
fermateve nu poco
a farme cumpagnia
faciteme passà
sta malincunia
’a chistu core mio…
L’aria
È ancora vierno
e già se sente l’aria
’e primmavera…
Alba e nun’alba
o quanno ven’ ’a sera
chest’aria serena te cunzola,
te trase ’mpietto
e te dà ’a smania ’o core…
Forte vene
’a voglia ’e fà ll’ammore,
voglia ’e campà,
voglia ’e surridere e
t’annammurà…
Dal libro ’A juorno ’a juorno appassionatamente,
Ler Editrice 2004
’O popolo napulitano
A gente ’e Napule è assaje devota ’e santi. Dint’ ’a chiesa parteno ’e preghiere, speranze, dulure, murtificazione, spergiuri e sufferenze. Ecco pecché quanno vaco dint’ ’a chiesa me piace ’e guardà ’a gente dint’ ’all’uocchie, cercanno ’e capì quale sentimento portano ’mpietto; quale: pentimento, collera, ’ncazzatura, o preghiere appassiunate pe’ cercà nu miracolo ’a Madonna, chella bella Mamma d’ ’o Carmine, oppure chisà, qualche Santo, Gesu Cristo, oppure ’o Pataterno? Embé proprio ’na sera m’ ’hê capitato na scena chien’ ’e collera, sentite sentite:
Doje mamme so’ trasute stammatina
dint’ ’a chiesa d’ ’a Madonna Addulurata:
una ca pregava e n’ata ca spergiurava…
Ma cchiù ca spergiurava se dannava,
se deve ’e pugne ’mpiettoe se sceppava a faccia.
Che dannazione! E che dulore ’o core
guardanne chesta mamma scunzulata
ca nun se dà raggione manco nu poco.
Tutt’ ’a nu tratto nu silenzio attuorno,
na voce forte e senza scuorno:
“Pecchè te guardo e nun me dici niente?
Comme s’ ’io te guardasse inutilmente.
Vergine Addulurata, pecchè stu figlio mio?
Sulo vint’anni, pecchè nun me rispunne?
E dimme quacche cosa. Pecchè me dice
ca nun’ ’aggia chiagnere, tu forse nun chiagnive?
Ma ’o figlio tuojo è figlio a Dio
e Dio accussì ha vuluto…”.
Da chella voce forte se capisce a malasciòrta
ca se port’ ’appriesso ’a puvurella.
Guardanne attuorno, scuorge a tanta ’a gente:
chi se lamenta p’ ’o dulore forte, chi chiagne
e sbotte, chi dice “mamma mia”,
chi chiamma ’o Pataterno pe’ vulio,
e sottovoce quasi tutt’a cchiesa:
“Ave Maria, Madonna mia”.
Po’ s’ ’avvicina senza ’na parola chell’ata mamma
cu ’n’angulo ’o core, s’astregna ’mpietto forte
’a puverella cu na voce fine e forte ca mette ’nguollo
’e brivide d’ ’a morte, le dice:
“Forza, sora mia, ’o figlio tuojo, ’o figlio mio,
simme tutte figlie ’a Dio e Dio accussì ha vuluto”.
E così sia…
A Mamma Addulurata svene, s’affloscia ’nterra e care, puvurella. Currite, currite, pigliate nu bicchiere ’e acqua, luvateve ’a nanze, facitela sciatà. Po’ chianu chiano se ripiglia ’a puvurella, cu nu felillo ’e voce dice: “mannaggia ’a morte, stu figlio mio che malasciòrta l’era tuccà”.
L’ata mamma lle risponne: “sora mia, stamme ’a sentì, siente, siè”:
’A morte nun tene crianza…
Quanta fatica e quanta sufferenza,
ma a che te serve si a morte nun tene crianza?
Ce sta chi nasce, chi cresce, chi more,
e dint’ ’o camposanto, ca è nu luogo santo,
se sentono preghiere ogni mumento.
N’ ’aggio sentuto ’e iastemme…
io, tante, da farme scunfurtà tutt’ ’e mumente.
Si po’ ce penso m’addimanno e dico,
forse ce manca ’a fede, vuie che dicite?
’A morte è nu repuoso, perché ve fa’ paura?
Quann’ ’e passato ’o muro nun saie niente cchiù!
È na chiusura ’e porte, na raputa ’e fenesta,
nu sguardo triste e meste, penzanno che ce stà…
Si è overo, comm’è overo,
chello ca sapimmo nuje doppo ca è passato ’o buio,
tu ce truovo ’a luce e ’a libertà.
Sì’ liggiero, n’angiulillo, senza peso e senza cose,
sulo nu grande surriso.
Faie nu volo e t’arrepuoso,e te si scurdato già…
“Bella ’a sora, allora tu dice che ’o figlio mio è ’n’angiulillo ’ncielo? T’ ’aggià credere?”.
“Sì, ca m’hê credere, cirche ’e te rassignà e miettete a pregà, pienze a quanti angiulille stanno ’ncielo a vulà, ma pe’ furtuna ca dimane è ’natu juorno”.
Si tutt’a gente se scrivesse ’nfronte
tutt’e dulure ’nchiuse dint’ ’o core, guardannele,
che pena me facesse sta gente senza manco na speranza.
E che speranza si bello e buono schiatta ’nterra e muore?,
e tutta chella mmiria ’e tanta gente
è addeventata pena a ’nu mumento, mumento amaro
ca te dimostra quanto ’a gente vale.
Ma po’ ‘nu raggio ’e sole dint’ ‘a ’na casa che trase,
te tozze ’mponta ’o naso e dice:
nun ce penzà, dimane è n’atu juorno.
Te si scurdate ’e ogge, e staie pensanno già a dimane?
Chist’è ’o popolo napulitano,
devoto assje ’a chiesa e a tutt’e santi,
cu sta miseria ’mpietto ma ricco dint’ ’o core…!!!!
La natura – Poesia della vita (S. Sepe)
“La mia Vita, la mia Storia…”
Un libro di successo
del Cav. Antonio Aprile di Aversa
Una scrittura sincera, gradevole, godibilissima, interessante per tutti e, particolarmente, per chi a Napoli è nato e ci vive, perché l’autore, appunto napoletano, ne ha proprio tante da raccontare. Incomincia a narrarsi da quando, bambino, era stato costretto ad una ferrea educazione che, anziché giovargli e sollecitare gli altri a chiamarlo, magari, “damerino”, veniva canzonato e denominato “Signorina”.
Gli capitava, talvolta, di avere atteggiamenti non rispettosi, quando, ad esempio, costretto pur di far parte del “gruppo”, a comportamenti inaccettabili, dava “una manata sul sedere di una ragazza”. Così, mentre simulava spavalderia, il suo cuore era immerso nella vergogna. Mica tanto da ridere, perché lui, poverino! Non era affatto predisposto a certi gesti. Un ragazzino, Antonio, che ispira subito simpatia per quella innata tenerezza che, forse, non perderà mai.
Il narrato non manca di notizie particolari ed intriganti, per chi non conosce bene Napoli, come la storia del “munaciello”, uno strano essere sempre presente e mai visibile che si manifesta attraverso strani rumori. Storie inattendibili ma veritiere, tramandate di generazione in generazione e apprese con un pizzico di incredulità, non scevra da timore.
Abbiamo conosciuto un bambino tutto regole e tenerezza. Lo vediamo ora crescere, negli anni, maturare nel corpo e nella mente, ma, soprattutto, diventare sempre più grande, nell’impegno sociale e lavorativo. Scopriamo, allora, Antonio Aprile, uomo degno di tanta attenzione e unanime compiacimento. Su questo personaggio, mi piace riportare
parte del pensiero di Giuseppe Diana: Egli lo pone tra quegli esseri particolari che sono “veri e propri ‘aedi’ contemporanei che rinfrancano la mente, corroborano il cuore e allietano lo spirito di chi li legge o solo li ascolta[…] Sono istantanee che fermano, consegnandoli all’eternità, pensieri nascosti e sensazioni segrete, attimi di gioia e momenti di dolore […] che trovano in coloro che sono dotati di sensibilità artistica, come nel caso di Aprile, la maniera giusta per raccontarli e renderli così comprensibili a tanti”.
Dunque, Antonio Aprile ci invoglia a coltivare il ricordo, scongiurando la smemoratezza, perché il significato letterale di ricordare, chiarisce il Diana, è proprio “ri-portare al cuore”.
Ma riconosciamo soprattutto,, leggendo la sua storia, che il nostro Autore è un personaggio molto determinato che, fin da piccolo, ha preso a cuore il lavoro, non disdegnandolo mai. Si è impegnato in più ambienti lavorativi, sempre con coraggio, passione e sacrificio, fino a raggiungere una rispettevole autonomia economica e personale, nell’età matura.
Da sempre, egli ha osservato, sopra ogni altra cosa, il dovere ma non ha snobbato ciò che di piacevole l’esistenza poteva offrirgli, arricchendola continuamente di nuove esperienze. È stato “mazziere” nella banda musicale, si è esibito come trombettista, si è imposto come sottufficiale di controllo in cucina; ha partecipato nella lavorazione di film nel ruolo di comparsa; ha scritto poesie e canzoni, tra le quali “Mefatte ’nnammurà”, musicata da Fagnoni, risultata vincente al “Festival di Napoli”.
Una storia da leggere per rendersi conto di come, giorno dopo giorno, Antonio Aprile continui ad arricchire, di nuovi risvolti, la sua straordinaria esistenza.
Nella conclusione del testo troviamo “Testimonianze e Riflessioni” di numerosi critici, amici e conoscenti che hanno voluto esprimere il loro pensiero sulla dimensione di questo personaggio, che ha saputo conquistarsi una vita tutta da raccontare.
Anna Aita
Giornalista, critico e opinionista
Napoli
Postfazione
Da sempre l’esperienza umana viaggia in ogni campo e dona all’uomo la volontà di agire, apprendere, affrontare con coraggio e professionalità ogni sorta di esperienza, quindi ogni problematica e realizzare così ciò che si propone per il bene altrui. Certamente ogni esperienza si manifesta con amore per le cose belle, perché lavorando con il cuore e il piacere dello spirito, ogni tipo di energia si fa avanti e addirittura nascono delle idee mai prese in considerazione.
È il caso del poeta Antonio Aprile, residente ad Aversa, storica città della “Terra di Lavoro”, che ha iniziato a scrivere versi fin da giovane sollecitato dalla conoscenza e dall’immaginazione, versi che hanno acceso in lui la capacità intellettiva subordinata alle circostanze prese al volo come strumento edificante la coscienza.
Allora dopo aver consultato e letto libri di ogni tempo di un certo interesse, il suo impegno e la stessa ricerca introspettiva hanno modellato in lui i circuiti della conoscenza e creato suggestivamente uno stile appropriato, il suo vero biglietto da visita.
La forma, la musicalità, il giuoco oratorio e la risonanza dei valori interiori, hanno dato lustro e valenza poetica ai suoni vocalici, pertanto Aprile ci invita a riflettere le sue rivelazioni, i momenti della vita, la proprietà della sostanza, la capacità e la competenza delle sue collaudate esperienze, infine l’originalità dei suoi versi in lingua napoletana che in alcuni casi ci ricordano momenti e scene del teatro di Eduardo De Filippo.
La fede, la natura, l’amore, le passioni, fanno parte dei commenti espressivi del poeta, che istintivamente ci fa entrare in una dimensione personale, dove oscillano le
vibrazioni, i colori dei simboli, circostanze e vicende che rappresentano delle vere prospettive oleografiche, poiché ogni pensiero si sofferma sui temi ricorrenti il sociale, la bellezza della natura, i rapporti con le persone.
Quando si trasmettono sentimenti in poesia, vengono fuori oratorie, frasi idiomatiche, lodevoli parole dettate dal cuore, si scrutano valori legati al mistero, quindi l’anima esplora la psiche e sprofonda in un’idilliaca illuminazione che sprona i sensi fino a tramutarli in un autentico stato d’animo in proiezione di nuovi approcci.
È Dio che spinge il poeta a superare se stesso attraverso quell’Ego vitale che diventa motore di ogni rivelazione emotiva, pertanto di fronte a queste onde creative viene fuori un discorso proemiale, una vera dottrina poetica; in poche parole si accende la saggia luce dell’energia. Di fronte a questa dinamica l’Io superiore sviluppa un’articolata ricerca sulla piattaforma sensoriale dove si attivano selezionati stimoli verso i ricordi, gli affetti, sui luoghi e richiami della nostalgia. È qui che Antonio Aprile con eleganza e spontaneità si affida all’arte spronando l’ispirazione in tutte le sue stratificazioni, fino a vivere un profondo ascetismo spirituale e mistico.
Renata Rossi
Indice
Nota dell’Autore
Introduzione di Giuseppe Diana
Prefazione di Carmine Iossa
Premessa di Gianni Ianuale
Parte Prima
Amore, Vita, Valori, Fede e Armonia
Poesie in Lingua
L’amore
Lo sguardo
Sogno
Il colore più bello
La forza dell’amore
L’eterna vita
Ringrazio Dio
Sta tramontando il sole
Amore mi pento
Io vedo
Amore senza fine
Pensavo a te
La vita eterna
Uomo
Vivo di te
Sorrisi del cuore
Preghiera a San Francesco
Sognare
Gesù
Una donna
Emozioni
La mia piccola patanella
Signore Gesù
Parte Seconda
Musica, Affetti, Tradizioni e Creatività
Poesie in Lingua napoletana
Premessa di Biagio Di Meglio
’A Don Vittorio Pirro
’O frate mio
’O matrimonio
Me fatto ’nnammurà
’A pazzaria
Iesce sole
Nu criature piccirillo
Penzo a te
Nun te parlo cchiù d’ammore
’A pazzaria
’A legge
’O culore d’’e rose
L’aucielle
Vucchella sapurita
Auguri a Gino
Preghiera ’e santi
Nzieme a te
Nun te voglio bene cchiù
Parlanne cu Gesù
Quanno nasce na criatura
Desiderio
So’ tutte belle ’e fémmene
’O vaso
L’ammore nun tene età
’O munno
Annamaria
Passione
’E criature
Na refola ’e viento
’O mare
’O mmale e ’o bbene
Ommo ’e parole
’E guagliune nnammurate
Tutt’e juorne
’O scarpariello
Guardannese
’O ’mbruoglio
Na fattura
Nun è peccato
’O tremmuliccio
Maje pe’ cumanno
Mo’ ca sto sulo
’O viecchio
’O penziero
Luceno ’e stelle ’ncielo
A voce ’e mamma mia
Na stella
’E malate
Vasame
L’urdema nata
’O dulore doce
Vasce scuro
L’aria
’O popolo napulitano
Quanta gente
’E mmane toje
“La mia Vita, la mia Storia…”
di Anna Aita
Postfazione
di Renata Rossi
In copertina:
Ci affidiamo al buon senso dei lettori per quanto pèrodotto nel testo e per le immagini pubblicate legate alla natura in armonia con spirito metafisico e umanitario.
Si ringrazia il fotoreporter Salvatore Sepe e quanti hanno collaborato alla realizzazione di quest’opera.
Aversa (Ce) Il negozio di Antonio Aprile
Proprietà riservata all’Autore
Marigliano (Napoli)
Stampato
nel mese di Settembre 2021
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L’errore tipografico è una cosa maligna: lo si cerca e perseguita, ma esso se la svigna. Finché la forma è in macchina si tiene ben celato, si nasconde negli angoli, par che trattenga il fiato. Neppur il microscopio a scorgerlo è bastante. Il povero tipografo inorridisce e freme ed il correttor colpevole abbassa il capo e geme, perché seppur dell’opera tutto il resto è perfetto, si guarda con rammarico soltanto a quel difetto.
Per eventuali errori di stampa sfuggiti alla revisione, ci rimettiamo all’intelligenza del lettore, che saprà intendere correttamente il testo. Certamente il frutto di quanto pubblicato in quest’opera appartiene alla creatività dell’Autore, di cui si assume la responsabilità.
Sulle Pattine – Aggiungere foto piccola a colori dell’Autore
Nato ad Aversa in provincia di Caserta il 14 luglio del 1938, dove appunto vive, Antonio Aprile si è impegnato da sempre nel lavoro ed è riuscito a creare un vero patrimonio nel campo nella distribuzione di materiale e soluzioni per il settore elettrico fin dal 1967 istituendo l’Azienda “Aprile S.p.A. conosciuta in Campania e in altre regioni.Amante dell’arte, della musica e della cultura, ha pubblicato alcune opere letterarie, quali “Allerezza d’’o core” (Edizioni Grafica “Anselmi), “ ’A juorno ’a juorno appassiunatamente” (Ler Editrice), e “La mia Vita, la mia Storia…” (Iris Edizioni), libri in cui oltre a delle immagini storiche, emergono capitoli di vita, temi in lingua e in vernacolo in armonia con le sue esperienze, i viaggi, e l’Amore, sempre al centro delle sue attenzioni.
Da poeta ha preso parte a diversi concorsi ricevendo premi e conferimenti per meriti, mentre per la musica, con la canzone “Me fatto ’nnammurà”, ha vinto il Festival della canzone napoletana. Infine ha festeggiato il Cinquantesimo Anniversario della sua azienda al Teatro San Carlo di Napoli, dove si è esibito cantando le sue canzoni alla presenza di ospiti e molti spettatori.
La sua vita è stata sempre movimentata, ricca di impegni, ha visitato i luoghi più belli del mondo con la sua amata Eva, e ricevuto l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica per alti meriti socio-culturali.
Poesia e musica per Antonio Aprile sono i valori aggiunti, un emblematico relax di momenti creativi vissuti tra affetti e riflessioni che spesso lo hanno spinto a creare temi di vita alternati a recuperare quella gioia che spesso si accantona per indispensabili doveri ed obblighi professionali.
Codice Libro
978-88-99640-19-4
ANTONIO APRILE
Originale
Modificata